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Il settore del cemento non fa nulla per ridurre le proprie emissioni di CO2

Falso. Il settore del cemento, responsabile per circa il 5-6% delle emissioni globali di CO2, investe costantemente in tecnologie e soluzioni per ridurre la propria impronta carbonica e contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Buzzi Unicem è formalmente impegnata a raggiungere l’obiettivo net zero al 2050 attraverso una Roadmap che prevede le seguenti leve di decarbonizzazione:

  • Riduzione del quantitativo di clinker (ciò che determina circa i 2/3 delle emissioni di anidride carbonica) per unità di cemento con materiali alternativi (loppe, pozzolane, ceneri volanti, calcare e argille calcinate) e conseguente evoluzione delle gamma prodotti;
  • Utilizzo nelle produzioni del clinker e dei cementi di materie prime già decarbonatate, che non emettono CO2;
  • Miglioramento dell’efficienza termica ed elettrica dei propri impianti, che oltre a ridurne i costi, riduce le emissioni dirette e indirette di CO2;
  • Impiego di combustibili di recupero, contenenti biomassa, in sostituzione di quelli fossili;
  • Impiego di combustibili fossili di transizione, che emettano un quantitativo inferiore di CO2 (es. gas naturale);
  • Spinta al miglioramento delle modalità di impiego del cemento da parte dei propri Clienti, per ridurne i dosaggi nel calcestruzzo fabbricato (efficienza del cemento nel calcestruzzo);
  • Sensibilizzazione e integrazione con la filiera delle costruzioni per spingere la progettazione e l’innovazione di prodotto a favore di maggiori performance ambientali degli edificie minore impatto ambientale, nonché all’ottimizzazione degli spazi costruttivi ed in definitiva ad un minor uso di materiale a parità di obiettivo progettuale;
  • Ricerche applicati su nuovi leganti idraulici derivati da produzioni di clinker speciali a minore impatto emissivo;
  • Ricerca attiva e progetti dedicati su sistemi di cattura e riutilizzo della CO2 come i progetti Cleanker (www.cleanker.eu) e Catch4Climate;
  • Ricarbonatazione del calcestruzzo.

Il settore del cemento si pone in contrasto con i principi dell'economia circolare

Falso. Il settore del cemento italiano recupera ogni anno oltre il 7% del proprio fabbisogno di materie prime a partire da altri processi industriali, per un totale di circa 1,8 milioni di tonnellate di materia prima naturale sostituita.

Tale recupero può avvenire in sostituzione delle materie prime naturali che vengono introdotte nel processo di macinazione della farina cruda per la successiva produzione di clinker.

Inoltre, la norma UNI EN 197/1 consente di ridurre il contenuto di clinker per unità di cemento, consentendo l’impiego di materie prime derivanti da altri processi industriali. Ad oggi l’apporto di materia, sostitutiva del clinker, per unità di cemento si aggira intorno al 25% e tutta la filiera è al lavoro, per incrementare ogni giorno di più tale sostituzione.

In aggiunta, sono oltre 400.000 le tonnellate di rifiuto sottratte alla discarica o all'incenerimento, in quanto impiegati come combustibili alternativi nei forni per la produzione di clinker, con una sostituzione calorica superiore al 20% ed oltre 300.000 tonnellate di CO2 evitate in emissione, grazie al fatto che tali combustibili contengono biomassa. Che tale pratica si inserisca a pieno titolo nell'ambito delle politiche europee di “circular economy” è stato definitivamente chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. IV, 26 luglio 2021, n. 5535; TAR Lazio, sez. II bis, 7 gennaio 2021, n. 219).

E’ dunque costante l’azione e l’interesse del settore ad estendere l’utilizzo di materie prime di recupero, per centrare gli obiettivi europei e contribuire attivamente alla transizione verso una economia sempre più circolare.